Vincenzo De Filippis e Il Calvario di Grottaglie.
Vincenzo De Filippis e Il Calvario di Grottaglie
Ideazione dell'opera: dalla pittura alla scultura
La Crocifissione di Masaccio |
Il Calvario di V. De Filippis
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La Crocifissione di Masaccio
La Crocifissione di Masaccio è un dipinto a tempera su tavola, facente parte dello smembrato e in parte disperso Polittico di Pisa, del quale costituiva il comparto centrale superiore. L'opera misura 83x63 cm, risale al 1426 ed è oggi conservata al Museo nazionale di Capodimonte a Napoli.
Storia
Destinato alla chiesa del Carmine per la cappella del notaio ser Giuliano di Colino degli Scarsi da San Giusto, il polittico di Pisa è l'opera meglio documentata di Masaccio, grazie a un committente particolarmente preciso, che annotò tutti i pagamenti e i solleciti fatti al pittore.
Il 19 febbraio 1426 l'artista era a Pisa a siglare il contratto per la somma di 80 fiorini (con i quali il pittore doveva provvedere anche ai materiali più costosi: l'oro dello sfondo e l'azzurro ultramarino di buona qualità) e, dopo vari solleciti e richieste a impegnarsi in esclusiva all'opera, il 26 dicembre Masaccio riceveva il saldo per l'opera.
Entro il 1568 Giorgio Vasari lo vide e lo descrisse nella seconda edizione de "le Vite". Nel corso del XVII o XVIII secolo venne rimosso dall'altare, smembrato e disperso.
La tavola della Crocefissione venne acquistata dal museo nel 1901 come opera di un anonimo fiorentino. Pochi anni dopo, William Suida lo riconobbe come opera di Masaccio e lo associò al polittico pisano[1].
Descrizione e stile
Questa tavola mostra la scena della Crocifissione con tre "dolenti": la Vergine, san Giovanni e la Maddalena, rappresentata in ginocchio di spalle al centro (riconoscibilissima dal tipico vestito rosso). Quest'ultima è creata quasi unicamente dal suo gesto disperato, mentre allarga le braccia e piega la schiena.
Il Cristo, guardato di fronte, pare abbia il capo completamente incassato nelle spalle, come arreso alla morte. In realtà la tavola va vista dal basso verso l'alto come quando era collocata nel suo sito originario, ed in questa prospettiva il collo appare nascosto dal torace innaturalmente sporgente. Anche il corpo, con le gambe disarticolate dal supplizio, appare sfalsato dalla prospettiva. Masaccio tentò di scorciare in prospettiva il corpo del Cristo, ma l'effetto sperimentale ottenuto fu più maldestro che illusionistico. In ogni caso fu il primo tentativo del genere e ben testimonia il clima sperimentale del primo Rinascimento fiorentino. Boskovits sottolineò l'inedita posizione frontale, molto rara dai tempi del declino del Cristus Triumphans (inizio del XIII secolo).
Il volto brunito di Cristo è colto nel momento del trapasso, quando ha appena pronunciato, rivolto a san Giovanni, le parole «Ecco la tua madre!», con le quali gli ha affidato la Madonna.
La Madonna sta ora immobile ai piedi della croce, le mani giunte che si stringono nel dolore, erta in tutta la sua statura, nell'ampio mantello blu, come impietrita dall'angoscia. Sull'altro lato della croce sta san Giovanni con il capo mestamente reclinato sulle mani congiunte, ed il movimento delle braccia è sottolineato dal blu di una manica che contrasta con il rosso del manto. Ha il volto affranto e sembra sforzarsi per trattenere le lacrime. In alto sulla croce è posto l'albero della vita, simbolo della rinascita: quando Giuda si impiccò, l'albero rinacque.
La scena sembrerebbe immobile — come se con il trapasso di Cristo anche il tempo si fosse fermato — se non fosse per la presenza della Maddalena che vediamo solo di spalle, i lunghi capelli biondi disciolti sul suo manto scarlatto, e pare aver fatto da poco irruzione nella scena ed agitarsi scomposta dal dolore.
Inginocchiata ai piedi di Cristo, le braccia aperte e tese al cielo che ricordano i gesti drammatici delle «lamentatrici» nell'antico pianto funebre della tradizione mediterranea, la Maddalena ha, in questa tavoletta di Masaccio, una impareggiabile forza espressiva che segna il culmine del pathos della scena. Roberto Longhi pensò che la figura della Maddalena fosse un'aggiunta leggermente posteriore che si sovrapponeva al piede della croce, come farebbe pensare l'aureola senza decorazioni, che venivano aggiunte in un momento precedente alla pittura della tavola.
Vincenzo De Filippis
Breve biografia dell’artista scultore:
Vincenzo De Filippis è nato e vive a Grottaglie. Dopo aver frequentato la Scuola d’Arte Ceramica di Grottaglie si trasferisce a Napoli per frequentare l’Istituto d’Arte e conclude gli studi presso il Magistero Artistico (sezione Scultura). La permanenza a Napoli ha determinato la sua formazione, oltre che per i maestri che ha avuto (Lelio Gelli, Raffaele Mormone), anche perché ha avuto occasione di conoscere e frequentare ambienti artistici di grande rilievo. Terminati gli studi, Inizia l’insegnamento presso L’Istituto d’Arte di Grottaglie nell’anno scolastico 1956-57 come professore di modellato. Dal 1975 al 1986 è preside dell’Istituto d’Arte di Potenza. Dal 1° settembre 1986 è preside dell’Istituto d’Arte di Grottaglie. Il 1° settembre 1997 lascia la scuola. Pur impegnando molte energie nella scuola, ha sempre continuato a operare nel campo della scultura e della grafica. Dopo aver lasciato la scuola, si dedica a tempo pieno all'attività artistica. Ha esposto in Italia e all’estero in mostre personali e collettive. Sue opere si trovano in varie collezioni private anche all’estero. Ha illustrato copertine di libri e di racconti. È presente nel grande catalogo “Archivi del XX Secolo” di Ralph Jentsh “I libri d’Artista Italiani del Novecento”, edizione Umberto Allemandi e C. in occasione della mostra svoltasi a New York dal 15 ottobre 1992 al 16 febbraio 1993.
Realizzazione e inaugurazione, 1957-1958
1° Intervento di restauro, dicembre 1994
Sopralluogo dicembre 2014
Sopralluogo ottobre 2016
RESTAURO DEL “CALVARIO” 2017-18
Smontaggio
Intervento di restauro
Relazione tecnica sul restauro del “Calvario”
RELAZIONE TECNICA DI RESTAURO |
06 Gennaio 2018
Prof. Giovanni SPAGNULO
Prof. Francesco MAGGIO
Dirigente Scolastico Dott. Prof. Brigida SFORZA